Il mondo complesso delle normative fiscali e dei crediti d’imposta è spesso oggetto di interpretazioni sfumate e dibattiti accesi. Un tema che occupa da tempo l’attenzione è la distinzione tra credito non spettante e credito inesistente, una questione delicata affrontata di recente dalla Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia.

Il confine tra credito non spettante e inesistente

La differenza tra credito non spettante e credito inesistente può sembrare sottile, ma le implicazioni fiscali sono significative. Le sanzioni variano, con il credito non spettante soggetto a una penalità del 30% del credito indebitamente compensato, mentre per il credito inesistente le sanzioni possono variare dal 100% al 200%. Una particolare attenzione è rivolta al recupero del credito inesistente, consentito entro l’ottavo anno successivo all’utilizzo del credito in compensazione.

La visione dell’Agenzia delle Entrate

In questo contesto, l’Agenzia delle Entrate fornisce un’interpretazione peculiare della normativa, soprattutto riguardo al “presupposto costitutivo” menzionato nel comma 5 dell’articolo 13 del Dlgs 471/97. Secondo l’Agenzia, l’omissione della compilazione del quadro RU nella dichiarazione dei redditi può essere interpretata come inesistenza del presupposto e, di conseguenza, del credito.

Le sentenze della Corte di giustizia lombarda

La recente giurisprudenza della Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia offre un’analisi approfondita su questo dibattito. Nella sentenza 1288/2023, la Corte conclude che l’omissione del quadro RU non implica necessariamente l’inesistenza del credito, considerandola piuttosto come un errore formale. La giurisprudenza si basa sull’idea che i crediti possono essere considerati inesistenti solo se risultano tali sin dall’origine o se la spettanza è riconosciuta a un soggetto diverso da quello che li utilizza.

Inoltre, la sentenza 141/2023 sottolinea che il credito non può essere dichiarato inesistente solo perché non è esposto nel modello dichiarativo. La Corte sostiene la necessità di un’analisi concreta della condotta del contribuente per determinare l’eventuale fraudolenza.

Infine, la sentenza 172/2023 chiarisce che la mancata indicazione nel quadro RU non implica l’inesistenza del credito e, di conseguenza, non consente l’applicazione del termine allungato di otto anni per l’accertamento.

Conclusione: la sottigliezza tra errore formale e inesistenza

In conclusione, le recenti sentenze della Corte di giustizia di secondo grado della Lombardia offrono una visione equilibrata su un tema fiscale complesso. La sottile linea tra errore formale e inesistenza del credito richiede un’analisi dettagliata della situazione, senza basarsi unicamente sull’omissione del quadro RU. Il contesto delle sentenze offre un approccio prudente e riflessivo nel valutare la validità dei crediti d’imposta, fornendo chiarezza in un ambito spesso intricato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *